P14. Potere prognostico di tomografia computerizzata coronarica ed ecocardiogramma da stress rispetto a morte cardiaca ed infarto miocardico non-fatale nel lungo termine: uno studio di confronto.
Domenico Tuttolomondo (1), Nicola Gaibazzi (1)
(1) Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Parma.
Background: Secondo le linee guida della Società Europea di Cardiologia nei pazienti con sospetta sindrome coronarica cronica (CCS) è spesso necessario eseguire test diagnostici non-invasivi quali: ecocardiogramma da stress (SE), scintigrafia miocardica (SPECT/CT), PET cardiaca o tomografia computerizzata coronarica (CTA) per selezionare i pazienti da sottoporre a coronarografia. I test funzionali (SE, SPECT/CT, PET) sono considerati equipollenti anche se l’SE non necessita di radiazioni ionizzanti ed è il meno costoso. Il valore prognostico dello SE rispetto alla CTA nel lungo termine non è mai stato indagato. Il PROMISE-trial riporta solo 20 eventi cardiovascolari nel sottogruppo SE impedendo un confronto con la CTA mentre nello SCOTHEART-trial hanno eseguito SE solo 30 pazienti.
Obiettivi: Valutare il ruolo prognostico nel lungo periodo di: calcium score coronarico (CACS) e numero di vasi con stenosi>50%, alla CTA ed alterazioni reversibili della cinetica segmentaria (RWMA) e riserva di flusso coronarica sull’arteria discendente anteriore (CFVR) allo SE rispetto all'endpoint combinato di infarto miocardico acuto non-fatale (IMA) e morte cardiaca. Ad una selezione più appropriata del test diagnostico consegue una riduzione della spesa sanitaria e delle liste di attesa.
Disegno dello studio: Studio monocentrico ad arruolamento prospettico condotto su 400 pazienti consecutivi con sospetta CCS sottoposti secondo giudizio clinico tra il 2007 ed il 2022 a SE che hanno eseguito entro 30 giorni anche CTA o viceversa con un follow-up medio di 10 anni.
Criteri di esclusione: Gravidanza; Evento cardiaco tra i due test.
Statistica: Abbiamo utilizzato il “Fine and Gray competing risk model” e analizzato i predittori indipendenti rispetto alla distribuzione degli hazard ratios (HR) in presenza dei rischi competitivi mediante la “Fine and Gray regression analysis”. L’accuratezza delle variabili identificate è stata testata mediante curve ROC tempo-dipendenti e AUC.
Risultati: Al follow-up di 10 anni (mediana 3783giorni) abbiamo riscontrato 19(4.8%) decessi cardiaci e 38(9.6%) IMA. RWMA (HR 7.189,p<0.001), CFVR (HR 0.034,p<0.001), CACS (HR 1.004,p<0.001) e il numero di vasi con stenosi>50% (HR 1.975,p<0.001) sono associati con l’outcome cardiaco; dopo l’analisi multivariabile rimane un’associazione statisticamente significativa solo per CACS e CFVR (entrambi p<0.001). Se CVFR e CACS vengono considerati come variabili discrete (CFVR minore/maggiore di 2, CACS in 4 classi – 0;1-99;100-399;≥400) solo la CFVR resta associata al rischio di eventi cardiaci (HR 13.890,IC 95% 4.154-46.445,p<0.001).
Conclusioni: Nel lungo termine solo CFVR e CACS sono associati indipendentemente all’outcome cardiaco. Nella coorte di pazienti selezionata lo SE non è inferiore alla CTA. L’utilizzo prevalente di questo test permetterebbe di ottenere una riduzione della spesa sanitaria con un migliore profilo di sicurezza.
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