La storia clinica del cancro ha subito una significativa svolta negli ultimi decenni, con importanti successi terapeutici che di fatto hanno trasformato molte condizioni neoplastiche in malattie croniche. Questo ‘cambiamento epidemiologico’ è risultato in una crescente popolazione di pazienti onclogici, cancer survivors, tuttavia esposta al rischio di altre problematiche di salute.
Dal momento che le malattie cardiovascolari (CVD) rappresentano la principale causa di mortalità e morbidità nel mondo, è facile intuire come i pazienti oncologici (sia in corso di trattamento che i cancer survivors) siano primariamente a rischio di CVD. Se non altro per una questione epidemiologica appunto, due altri aspetti concorrono ad aumentare il rischio CV dei pazienti oncologici. Innanzitutto, capita spesso che al momento di una diagnosi di cancro, le altre problematiche di salute vengano (erroneamente) messe in secondo piano. Inoltre, diversi trattamenti oncologici – estremamente efficaci – possono però essere gravati da effetti avversi CV, sia nel breve che nel lungo termine, la cosiddetta cardiotossicità.
Tra le varie tipologie di cardiotossicità, quella potenzialmente più grave è la disfunzione ventricolare sinistra (LVD-CTX), che può essere irreversibile, come nel caso di quella causata da antracicline, e causare una forma di cardiomiopatia dilatativa, ed infine condurre a scompenso cardiaco. Altre terapie oncologiche possono invece indurre un peggioramento del profilo CV (è il caso dei regimi a base di platino utilizzati nei tumori pediatrici, che sono associati a sviluppo di sindrome metabolica in età adulta) o causare eventi vascolari. Tra questi ultimi, i più noti sono i farmaci inibitori del vascular endothelial growth factor, che virtualmente in tutti i pazienti che li assumono determinano un aumento dei valori pressori. Intuitivamente, questi farmaci possono quindi determinare ipertensione arteriosa o complicanze dell’ipertensione arteriosa – soprattutto nei pazienti che già prima della terapia oncologica presentano elevati valori pressori.
Un aspetto molto importante di cui tener conto risiede nel fatto che – così come per la popolazione generale – il rischio di eventi CV durante o dopo un trattamento oncologico è aumentato in presenza di un peggior profilo CV. Come detto, però, la salute CV è spesso trascurata nel paziente oncologico. Ne risulta che la non-aderenza alla terapia CV si associa significativamente ad un peggiore outcome dopo il completamento dei trattamenti oncologici.
I tradizionali fattori di rischio CV predispongono anche ai fenomeni di cardiotossicità. Difatti, il rischio di cardiotossicità è fondamentalmente guidato da due fattori: la tossicità intrinseca di un farmaco e il profilo CV. Ad esempio, l’ipertensione arteriosa è tipicamente considerata il più importante fattore CV associato a rischio di cardiotossicità. È importante tuttavia sottolineare come nel mondo oncologico spesso si valuta solo la presenza del fattore di rischio CV, e non se tale fattore è ben controllato o meno. Questo aspetto appare invece molto importante, poiché l’influenza di un dato fattore di rischio CV sullo sviluppo di cardiotossicità può essere significativamente importante se il fattore è mal controllato, o viceversa, essere nulla nel caso in cui il fattore di rischio sia sotto controllo. Ad esempio, presso l’Ambulatorio di Cardio-Oncologia dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, è stato condotto uno studio retrospettivo che ha dimostrato come l’ottimizzazione del profilo pressorio prima di iniziare una terapia con farmaci inibitori del vascular endothelial growth factor, annullava l’associazione tra ipertensione arteriosa ed eventi avversi CV tipici di tali farmaci.
La disciplina della Cardio-Oncologia, nata negli ultimi anni, è stata inizialmente dedicata al riscontro e alla gestione della cardiotossicità. Tuttavia, ad oggi, la Cardio-Oncologia non va intesa come un semplice atto di nulla-osta ad una terapia oncologica, anzi, rappresenta un importante momento medico dedicato alla valutazione CV a 360° del paziente oncologico, con una speciale attenzione verso la prevenzione CV. A questo proposito, diverse analisi hanno dimostrato come l’esercizio fisico non solo concorra a migliorare il profilo di rischio CV, ma dimostri di essere benefico esso stesso nel prevenire lo sviluppo di cardiotossicità.
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