La Malattia Coronarica (CAD) è una delle principali cause di morte del mondo sviluppato. Questa malattia causa angina pectoris, infarto miocardico, morte improvvisa ed insufficienza cardiaca [1]. La maggior parte dei pazienti affetti da CAD può essere considerata affetta da cardiopatia ischemica stabile, condizione che è stata recentemente rivisitata nella definizione assumendo la denominazione di Sindrome Coronarica Cronica (CCS): essa è presente quando esista la diagnosi o il sospetto di CAD in assenza di recenti acuzie o cambiamenti nei sintomi [2]. I capisaldi del trattamento della CCS sono tre, non mutualmente esclusivi: la Terapia Farmacologica Ottimale (OMT), la Rivascolarizzazione Percutanea (PCI) e la Rivascolarizzazione Chirurgica (CABG). L’utilizzo dei farmaci mira a ridurre la progressione della aterosclerosi, mentre le strategie di rivascolarizzazione mirano a ripristinare il normale flusso nei vasi colpiti da stenosi significative. Ne consegue che, idealmente, sia PCI che CABG dovrebbero sempre essere associate ad una OMT.
I principali fattori di rischio di coronaropatia sono:
Vita stressante
Da cinquant’anni di ricerche sulle strategie antitrombotiche in pazienti con CCS si possono trarre le seguenti conclusioni fondamentali [1-3]:
Le ultime Linee Guida della Società Europea di Cardiologja (ESC) 2019 sulle CCS raccomandano l’aggiunta di un secondo agente antitrombotico all’ASA per la prevenzione secondaria in pazienti con rischio “elevato” (classe IIa-A) o “moderato” (IIb-A) di eventi ischemici, in assenza di elevato rischio di sanguinamento 6. Vengono definiti ad “elevato rischio” i pazienti con malattia coronarica (CAD) multivasale e almeno un ulteriore fattore di rischio tra: diabete, IMA ricorrente, insufficienza renale (IRC) o vasculopatia periferica (PAD). Sono invece considerati a rischio “moderato” i pazienti con almeno un criterio tra CAD multivasale, diabete, IMA ricorrente, PAD, IRC o scompenso cardiaco.
A seguito di un evento cardiovascolare acuto determinati sottogruppi di pazienti presentano un rischio aumentato di recidiva cardiovascolare. Nell’ambito della prevenzione secondaria, la maggior parte dei trials concorda nell’affermare che l’estensione della malattia aterosclerotica (CAD multivasale o CAD con concomitante PAD) con almeno un fattore di rischio aggiuntivo tra diabete mellito in terapia medica, IMA ricorrente o IRC (eGFR <60 ml/min/1.73 m2) si associa ad un rischio aumentato di recidiva [6,7]. Una strategia antitrombotica più aggressiva, con DAPT prolungata o con terapia antitrombotica duplice (“dual pathway inhibition”, terapia antipiastrinica associata ad anticoagulante a dose vascolare), è associata ad un maggiore beneficio in termini di riduzione assoluta di eventi ischemici nei pazienti con elevato rischio basale. Risulta pertanto cruciale l’identificazione dei sottogruppi di pazienti a più alto rischio, in cui specifiche strategie terapeutiche antitrombotiche si associano ad una maggiore riduzione del rischio di complicanze ischemiche a fronte di un rischio di sanguinamento accettabili.
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