La prevalenza dell’obesità a livello mondiale è aumentata in maniera costante negli ultimi decenni, non solo tra gli adulti ma anche tra bambini e adolescenti. Questo fenomeno contribuisce ad un aumento del rischio di eventi cardiovascolari, soprattutto in associazione ad altri fattori di rischio quali ipertensione arteriosa, diabete e dislipidemia. L’obesità contribuisce infatti allo sviluppo di insulino-resistenza, disfunzione endoteliale, attivazione del sistema nervoso simpatico, aumento di resistenze vascolari, infiammazione e stato pro-trombotico. Sulla base di queste evidenze, nel 2021 l’obesità è stata riconosciuta come patologia cronica, ricorrente non comunicabile e non solo come amplificatore del rischio cardiovascolare.
Le modifiche dello stile di vita rappresentano la prima strategia per ottenere e mantenere un’efficace riduzione del peso corporeo, che è indicata a partire da valori di circonferenza addominale >102 cm negli uomini e > 88 cm nelle donne.
Diverse diete a ridotto introito calorico sono state elaborate e studiate con lo scopo di raggiungere un adeguato calo ponderale:
Tra le diverse strategie proposte, la dieta Mediterranea si è dimostrata quella maggiormente associata ad una persistenza dei benefici ottenuti nel tempo senza un aumento del rischio di chetogenesi. Tuttavia, questi tipi di intervento spesso non sono sufficienti per ottenere gli obiettivi consigliati e devono essere associati ad altre misure farmacologiche e non farmacologiche.
Per diversi anni le procedure di chirurgia bariatrica/metabolica, volte a modificare la fisiologia gastrointestinale, hanno rappresentato l’unica strategia efficace per i soggetti con indice di massa corporea ≥40 kg/m2 o ≥35 kg/m2 con comorbidità. Le principali procedure impiegate sono la sleeve gastrectomy e il bypass gastrico roux-en-Y. Altri approcci includono la diversione bileopancreatica e il bendaggio gastrico. La chirurgia bariatrica ha dimostrato una riduzione del peso corporeo fino al 25%, associata ad una significativa riduzione del rischio di ipertensione arteriosa, diabete, epatopatia non alcolica e mortalità. Tuttavia, queste strategie sono impiegate soltanto nel 2% dei soggetti che potrebbero beneficiarne, probabilmente per una ridotta copertura da parte dei Sistemi Sanitari Nazionali, per la scarsa informazione e per i potenziali rischi correlati all’intervento chirurgico.
Negli ultimi anni diverse strategie farmacologiche sono state introdotte nella pratica clinica in aggiunta alle modifiche dello stile di vita.
Farmaco |
Benefici clinici |
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Naltrexone/bupropione Azione sul nucleo arcuato dell’ipotalamo e sul sistema mesolimbico dopaminergico. |
Riduzione del peso corporeo come conseguenza di un aumentato dispendio energetico e della riduzione dell’appetito. |
Agonisti del recettore per il glucagon-like peptide-1 (GLP-1) Rallentamento dello svuotamento gastrico e riduzione dell’appetito |
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Liraglutide 3.0 mg una volta a settimana sottocute | Studio SCALE Obesity and Prediabetes:
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Semaglutide 2.4 mg una volta a settimana sottocute | Studio STEP (Semaglutide Treatment Effect in People with obesity):
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Semaglutide 50 mg per os assunto giornalmente | Studio OASIS-1 randomizzato controllato di fase 3:
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Semaglutide 50 mg per os assunto giornalmente | Studio PIONEER PLUS in pazienti con diabete di tipo 2 non controllato:
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Orforglipron per os assunto giornalmente | Studio di fase 2 con dosaggi fino a 12 mg:
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Tirzepatide agonista del polipeptide insulinotropico glucosio dipendente, del recettore per GLP-1 somministrato una volta a settimana sottocute. |
Studio SURMOUNT-1 randomizzato controllato di fase 3:
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Retatrutide, agonista del polipeptide insulinotropico glucosio dipendente, del recettore per GLP-1 e per il glucagone somministrato una volta a settimana sottocute. |
Studio di fase 2:
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Nei diversi studi condotti con agonisti del recettore per GLP-1 i benefici ottenuti sono risultati talvolta sovrapponibili a quelli riscontrati con la chirurgia bariatrica. Gli effetti avversi di intensità lieve e moderata, di carattere principalmente gastrointestinale, si sono manifestati dal 10 al 17% dei soggetti trattati.
Nei prossimi anni ulteriori studi, possibilmente di maggiore durata e condotti in popolazioni più numerose, saranno necessari per valutare e confermare l’effetto cardioprotettivo delle strategie farmacologiche sopramenzionate in termini di riduzione significativa del rischio di eventi cardiovascolari maggiori.
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